In merito al rinvio alla Consulta della Legge 40

12 dicembre 2012

In merito al rinvio alla Consulta della Legge 40

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In riferimento al rinvio alla Consulta della legge 40 da parte del Tribunale di Firenze che contesta la costituzionalità del divieto di utilizzare ai fini di ricerca gli embrioni soprannumerari o abbandonati, è opportuno svolgere alcune considerazioni. È importante che l'opinione pubblica rifletta sull'intero percorso che ha portato a questa situazione.

Una coppia ricorre alla procreazione medicalmente assistita per generare dei figli, dopodiché verifica la salute degli embrioni generati e in base a questo decide se procedere con l'impianto, permettendone così l'ulteriore sviluppo e la nascita. Constatata la presenza di anomalie genetiche, la coppia decide di rifiutare l'impianto e apre un contenzioso giuridico per poter "donare" gli embrioni alla ricerca, quasi fossero una cosa qualsiasi. Il primo elemento su cui riflettere è l'incapacità di assumersi la responsabilità che deriva dal progetto della generazione. Inoltre, sarebbe da interpretare questa specie di generosità che prevede la "donazione" degli embrioni alla scienza: sembra quasi un bilanciamento di natura psicologica ed emotiva rispetto alla consapevolezza che questi embrioni sono stati condannati alla morte nel momento stesso in cui ci si è rifiutati di impiantarli.

L'imperante modello utilitaristico, paludato con le parole dei diritti costituzionali, estesi a piacimento, porta a trasformare sempre più l'atto della generazione umana in una prassi di igiene sociale. La pretesa da parte dei genitori di essere "proprietari" degli embrioni che hanno generato, come fossero puro materiale biologico e non i loro figli, è un paradossale e tragico capovolgimento del dovere di custodia dei generati. Si dona qualcosa, non si dona qualcuno, sia pure allo stadio embrionale.

Bisogna riflettere sul meccanismo psicologico che trasforma il riconoscimento del valore dell'embrione umano: quando è sano lo si accoglie come figlio, quando è malato, o non "serve" più, lo si tratta come cosa. È molto grave, infine, assolutizzare la libertà di ricerca senza mettere in evidenza che essa è limitata dal dovere di tutelare l'essere umano su cui si applica, come ci ricordano la nostra stessa Costituzione e le molteplici Convenzioni Internazionali.

È necessario tornare a ridiscutere sullo statuto dell'embrione umano, sulla sua radicata dignità antropologica, che sta all'origine dello stesso ricorso alla fecondazione in vitro da parte dei genitori: lo "schemino laici-cattolici" in questo dibattito non può continuare a far velo alla densità etica e sociale del problema aperto dalle tecniche di riproduzione medicalmente assistita.

Nota stampa

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