In merito al divieto di fecondazione eterologa

23 aprile 2013

In merito al divieto di fecondazione eterologa

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Il dibattito che si sta riaprendo, sul piano giuridico, circa la costituzionalità del divieto,
previsto dalla legge 40, della fecondazione eterologa, è viziato da una premessa inesatta,
che ne condiziona gli esiti. Non si può affermare che la procreazione medicalmente
assistita si configuri propriamente come una terapia della sterilità e dell'infertilità. Infatti
questa tecnica ha una funzione "sostitutiva " di una parte del processo riproduttivo,
permettendo la nascita di un figlio.
Nel divieto di fecondazione eterologa in realtà non è in gioco la salute riproduttiva della
coppia, perché anche ricorrendo ad essa, la coppia resta infertile o sterile. Il divieto,
invece, è volto a tutelare il diritto del nascituro ad essere generato dalla stessa coppia
sociale che lo crescerà, impedendo così la legalizzazione della dissociazione tra le figure
parentali: per avere un figlio con la fecondazione eterologa si deve infatti ricorrere ad un
cosiddetto donatore - il vero genitore - il quale risulta essere estraneo alla coppia che
ricorre alla tecnica.
La questione giuridica, pertanto, non può essere adeguatamente affrontata se su di essa
grava l'equivoco che interpreta la procreazione medicalmente assistita come una vicenda
puramente sanitaria e non si prendono in considerazione le differenti implicazioni etiche,
sociali e culturali che entrano in gioco nella fecondazione omologa ed eterologa.

Nota stampa

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