Charlie, ancora un bambino da tutelare, non “un caso mediatico”. Seconda nota stampa del direttore del Centro di Ateneo di Bioetica della Cattolica, prof. Adriano Pessina
La sofferta decisione dei genitori del piccolo Charlie Gard di non tentare la via di un trattamento sperimentale, a seguito di un peggioramento della sua situazione clinica, merita rispetto. Ci sono limiti che vanno accolti e accettati.
Di fronte alla promessa di vita che si affaccia in ogni neonato è, d’altra parte, molto difficile accettare la malattia e la mortalità, tanto che ogni azione tecnica e scientifica sembra comunque doverosa e necessaria. E’ pur vero, però, che è doveroso soltanto fin quando tale azione porta realisticamente a qualche pur minimo beneficio, o almeno stabilizza le condizioni cliniche, altrimenti il rischio è quello di infliggere sofferenze ingiustificate.
Il dibattito che si è acceso intorno “al caso” Charlie spesso è apparso dominato da modelli teorici e ideologici che non sempre hanno reso giustizia di un fatto: al di là delle diverse valutazioni morali e cliniche, il piccolo Charlie è sempre stato considerato con un’attenzione e una preoccupazione che a volte mancano nell’ordinaria prassi neonatale.
La vicenda di Charlie, che forse bisogna ora lasciare nella calda penombra delle ore ultime e intime delle relazioni umane, può forse insegnarci quanto sia importante non rinunciare a pensare, a confrontarsi e a dialogare quando ci si trova di fronte a situazioni difficili da decifrare. Voler bene significa anche sapere che cosa sia bene fare e questo non è facile, ma pur sempre possibile se si evitano preclusioni ideologiche sul valore intrinseco della vita umana.