Università Cattolica del Sacro Cuore

Il Rwanda riparte dalla famiglia


 

Il Rwanda è tristemente presente nella memoria collettiva per essere stato segnato da un terribile genocidio che in circa cento giorni ha portato alla morte di centinaia di migliaia di persone, ma è anche il Paese in cui si stanno mettendo in atto meccanismi di protezione sociale e di ricostruzione del tessuto comunitario fortemente innovativi.  Dal 2015 il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia partecipa (attraverso l’impegno e la presenza in loco di Stefania Meda) a un’attività di ricerca sul campo nella regione dei Grandi Laghi dell’Africa Orientale, nell’ambito della child protection (tutela minori), in collaborazione con organizzazioni non governative internazionali.

In un contesto di grande vulnerabilità economica e per buona parte sociale, il Governo del Paese sta tentando di implementare alcune soluzioni 'africane', profondamente ancorate alla cultura e alle pratiche locali tradizionali, a problemi 'globali' contemporanei, con il supporto di Unicef, delle ONG internazionali e delle organizzazioni di società civile locali. Queste strategie vedono la famiglia al centro e il coinvolgimento della comunità, considerandole come risorse e elementi di supporto alla fragilità, anziché come meri portatori del bisogno.

Nonostante gli sforzi compiuti e i significativi risultati raggiunti (per esempio rispetto al diritto all’educazione e ai tassi di accesso alla scolarità), le condizioni di vita dei minori rimangono sfidanti. La ricerca ha evidenziato che vivono situazioni di abuso sessuale (anche i maschi e non solo le femmine), punizioni corporali (in particolare in ambito domestico), lavoro minorile (in particolare, le bambine vengono impiegate per lavori domestici nelle città, i bambini per i lavori nei campi nelle zone rurali). Inoltre, i bambini di strada sono in costante aumento; rimane basso il numero di bambini che vengono regolarmente registrati alla nascita; i minori con disabilità sono i maggiormente vulnerabili. In generale, queste condizioni accrescono le probabilità di dropout scolastico, con importanti ripercussioni sul futuro di una intera generazione.

La ricerca ha rinvenuto all’origine di queste condizioni la grande povertà in cui versano un gran numero di famiglie, la disfunzionalità delle relazioni familiari, e alcuni elementi culturali che espongono i bambini a condizioni di grande rischio (per esempio una cultura del silenzio che porta le vittime di abuso sessuale a non denunciare, gli accordi compensatori che informalmente vengono presi tra i familiari di un bambino abusato e il suo abusatore...).  

A fronte di queste sfide, il governo del Rwanda, tra l’altro uno dei primi paesi a ratificare nel 1991 la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (1989), ha intrapreso numerose iniziative per migliorare il quadro legislativo e istituzionale per la tutela dei diritti dei bambini. Disposizioni per la tutela dei minori sono presenti nella Costituzione e nei principali programmi di sviluppo del paese (Vision 2020 ed Economic Development and Poverty Reduction Strategy), tuttavia, gli ultimi significativi sforzi del governo in materia di tutela minorile sono la Legge 54/2011 relativa ai diritti e alla protezione dell'infanzia e la Integrated Child Rights Policy (ICRP) formulata nel 2011 dal Ministero per il Genere e la Promozione della Famiglia, che tengono insieme disposizioni prima disperse in una pluralità di leggi e policies.

Inoltre, a partire dal 2012, in conformità con la Costituzione della Repubblica del Rwanda (articolo 27), la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (articolo 20 e articolo 21), l'African Charter on the Rights and Welfare of the Child (articolo 25), l'ICRP e le raccomandazioni del settimo National Children's Summit, il Rwanda ha istituito una riforma nazionale dell'assistenza all'infanzia, con l’obiettivo a lungo termine di trasformare l'attuale sistema di custodia e tutela minorile in un sistema volto al potenziamento dei legami familiari, basato sul coinvolgimento delle famiglie e delle comunità locali.

La strategia nazionale di riforma prevede in primo luogo la chiusura di tutti gli istituti (orfanotrofi) e l’implementazione di forme di alternative care in un programma chiamato Tubarerere Mu Muryango (“Facciamo crescere i figli nelle famiglie”). Per fare questo il governo rwandese, in collaborazione con le organizzazioni della società civile, sta lavorando alla formazione e alla capacitazione di professionisti dell'assistenza sociale a livelli decentralizzati, e all’istituzione di comitati para-professionali di comunità (denominati Inshuti z'Umuryango, “Amici della famiglia”) per fornire assistenza ai bambini e alle loro famiglie a livello di villaggio. L'istituzione di tali comitati paraprofessionali di comunità fa parte degli sforzi per coltivare un'identità nazionale condivisa, attingendo ad aspetti della cultura ruandese e delle pratiche tradizionali, e va sotto il nome di Home Grown Solutions – pratiche proprie della cultura locale tradotte in programmi di sviluppo sostenibile. Gli Inshuti z'Umuryango, Amici della famiglia, vengono selezionati a livello di villaggio tra gli uomini e le donne che maggiormente si distinguono per integrità morale e per la capacità di ispirare altre famiglie attraverso il proprio esempio virtuoso. Hanno il compito di organizzare iniziative di sensibilizzazione e prevenzione nelle loro comunità, e di monitorare le condizioni dei bambini e delle famiglie, informando tempestivamente i professionisti dell’assistenza sociale di situazioni di rischio o di vero e proprio abuso.

L’istituzione di questa componente paraprofessionale rappresenta potenzialmente un valido meccanismo di prevenzione e risposta rapida, ingaggia le comunità locali in maniera volontaria, responsabilizzando i soggetti e riducendo il ricorso all’intervento professionale.