Università Cattolica del Sacro Cuore

Adolescenti: di generazione in generazione


 

“Condivido i valori di mia madre perché li ritengo giusti”, “I valori di mia madre rispecchiano quelle che sono le mie predisposizioni naturali”. Sono queste alcune delle risposte che gli intervistati hanno dato nel corso di uno studio realizzato da Daniela Barni, Francesca Danioni, Sonia Ranieri e Rosa Rosnati sulle motivazioni che spingono i figli adolescenti a condividere i valori materni (Barni, 2017; Barni et al., 2016).

Il patrimonio valoriale trasmesso dai genitori può essere accolto o rifiutato dai figli e, se accolto, può essere trattenuto o condiviso, conservato o innovato. In particolare, i ricercatori hanno rivolto l’attenzione alle motivazioni “autonome” espresse da coloro che, tra i 325 adolescenti e tardo-adolescenti italiani di età compresa tra i 14 e i 19 anni, hanno mostrato una reale adesione ai valori materni. Ciò si verifica quando la motivazione sottesa è un’identificazione grazie alla quale tali valori diventano parte integrante nella percezione che il soggetto ha di sé. In altri casi, infatti, si parlerebbe di motivazione “non autonoma”, quando cioè l’adolescente si conforma a quanto proposto dal genitore per evitare punizioni o ottenere ricompense o ridurre sentimenti di colpa.

I risultati di questo studio, che si inserisce all’interno di una più ampia ricerca che ha coinvolto anche i padri e le nonne (Barni, 2009), sono stati chiari nel mostrare come i ragazzi siano mossi ad aderire ai valori materni perché li percepiscono come moralmente corretti e fonte positiva di identificazione. Su una scala da 1 (scarsa motivazione autonoma) a 7 (motivazione autonoma molto forte) è stato registrato un punteggio medio pari a 5.26. Per quanto riguarda il grado di somiglianza dei valori tra madre e figlio, invece, su un range da – 1 (valori completamente opposti) a +1 (valori identici) il punteggio di associazione rilevato è stato di 0,31.

Sulla base di queste dati, i ricercatori hanno distinto quattro gruppi:

  • Il primo formato dai ragazzi che si riconoscono nei valori materni (forte motivazione autonoma) e li fanno propri (alta somiglianza)
  • Il secondo che comprende i giovani che, pur riconoscendo la bontà dei valori materni, presentano rispetto a questi una bassa somiglianza
  • Il terzo che include ragazzi che faticano a riconoscere nella madre un modello valoriale positivo, ma si conformano ugualmente ai suoi valori
  • Il quarto che include ragazzi che non riconoscono nella madre un modello valoriale positivo e ne prendono le distanze
     

Dal confronto tra i gruppi sono emerse differenze significative. Gli adolescenti del primo e del secondo gruppo, ossia coloro che riconoscono nella madre un modello valoriale positivo e ne condividono i valori, riportano una maggiore vicinanza emotiva con la madre e una più forte stima di sé. Inoltre gli adolescenti del primo gruppo mostrano un maggiore grado di prosocialità e una minore tendenza alla trasgressione.

Per contro gli adolescenti del terzo gruppo, cioè quelli che si conformano ai valori materni, ma senza esserne intimamente convinti, finiscono per riconoscersi uno scarso valore personale (bassa autostima), mentre quelli del quarto gruppo, che rifiutano un patrimonio familiare ritenuto di scarso valore, faticano poi a riconoscere una guida normativa anche al di fuori della famiglia (alta trasgressione).

Gli adolescenti che sentono di poter contare su un positivo patrimonio familiare, dunque, sono quelli che “stanno meglio”, sia in termini relazionali che di adattamento individuale, dentro e fuori casa. I dati dello studio ribadiscono infatti la centralità dello scambio valoriale tra le generazioni quale risorsa nel processo di sviluppo. Il rinnovamento, in presenza di un riconoscimento del valore dell’eredità ricevuta, rappresenta l’esito auspicabile della trasmissione in quanto il figlio ha un patrimonio di riferimento da cui partire per elaborarne uno proprio, percependosi parte di una storia familiare che lascia spazio però a un dire e fare nuovi.

Il filone di ricerca sulla trasmissione dei valori viene approfondito da tempo dai ricercatori del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia. Accanto ai processi di trasmissione intergenerazionale (trasmissione verticale), sono stati analizzati i processi di trasmissione tra i partner della coppia (trasmissione orizzontale). Una prima ricerca, realizzata con la collaborazione della Fondazione Ispirazione di Treviso, ha posto in evidenza significative differenze intergenerazionali tra le priorità valoriali di adolescenti, genitori e nonne, riconducibili sia agli specifici compiti evolutivi di ciascuna fase del ciclo di vita, sia ai cambiamenti nel contesto socio-culturale di crescita e formazione (Barni 2009). Essa mostra chiaramente come la trasmissione sia un processo complesso, bidirezionale, di cui la generazione adulta e quella giovane sono entrambe protagoniste. I genitori non possono determinare i valori dei figli, ma possono orientarne le scelte con una maggiore o minore efficacia. Il grado di efficacia dipende direttamente dalla capacità genitoriale di proporsi come “promotori di valori”, facendo emergere (pro-muovendo, appunto) valori che il figlio possa sentire come veri e riconoscere come propri.

I risultati di un’altra ricerca su 381 famiglie con figli adolescenti (padre, madre e figlio), residenti nel Nord Italia, hanno evidenziato come condividere valori simili faccia bene alle relazioni familiari. La condivisione, sia tra i partner che con i figli, si accompagna a una maggiore soddisfazione relazionale e a una più forte percezione di autoefficacia da parte dei genitori. In particolare, è l’essere simili rispetto all’importanza assegnata ai valori del conservatorismo (tra cui il rispetto per la tradizione culturale e la fede) a supportare maggiormente la qualità delle relazioni in famiglia (Robitschek et al., inviato per la pubblicazione).

Inoltre sono stati oggetto di studio la trasmissione tra insegnanti e adolescenti - trasmissione obliqua - (si veda, ad esempio, Barni et al., 2014) e l’analisi dei valori come fattori di promozione del benessere e protezione rispetto ai comportamenti a rischio degli adolescenti, sia in famiglia che nel contesto sportivo (Danioni, Barni, 2017; Danioni, Barni, Rosnati, 2017). Un approfondimento da cui è risultato evidente come nelle famiglie separate/divorziate (in cui i compiti evolutivi dei figli sono generalmente più impegnativi di quelli dei coetanei che vivono in famiglie intatte) i valori siano ancor di più una risorsa per la persona e i suoi legami (Rosnati, Barni, Uglia 2014).