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Ciò che non mi piega mi fortifica? Il caso delle famiglie adottive di fronte alla pandemia

20 luglio 2022

Ciò che non mi piega mi fortifica? Il caso delle famiglie adottive di fronte alla pandemia

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La diffusione del Covid-19 ha rappresentato per tutte le famiglie una grande sfida e numerose ricerche hanno documentato un incremento dello stress genitoriale e dell’incidenza del disagio psicologico nei genitori. La maggior parte delle conoscenze a oggi riguardano i genitori con figli biologici. Sappiamo ben poco invece sulle famiglie adottive. Ci siamo chiesti: come hanno affrontato le sfide poste dalla pandemia? Abbiamo chiesto a un campione di 1.011 genitori italiani (età media pari a 52 anni) in differenti forme familiari (per esempio famiglie intatte, separate/divorziate, adottive, eccetera) di partecipare a una survey online nel periodo intercorso tra maggio e ottobre 2021.

Dai risultati (Canzi et al., submitted) sono emerse quattro modalità con cui i genitori hanno percepito i cambiamenti nella vita familiare durante la pandemia: le abbiamo identificate con le categorie “tonalità chiara”, “tonalità chiaroscura”, “tonalità scura”, “tonalità iper-reattiva”. Nello specifico, alcuni genitori (36,4%) percepiscono un livello medio-alto di cambiamenti positivi e un livello medio di cambiamenti negativi (modalità denominata “tonalità chiaroscura”). Un terzo circa di genitori (30.6%) percepiscono un alto livello di cambiamenti positivi e un basso livello di cambiamenti negativi (modalità denominata “tonalità chiara”) e riportano livelli più bassi di distress psicologico, sia rispetto ai genitori caratterizzati da alti livelli di cambiamenti negativi e bassi livelli di cambiamenti positivi (“tonalità scura”, 12,4%), sia da quelli che manifestano alti livelli di cambiamenti negativi e altrettanto alti livelli di cambiamenti positivi (“iper-reattivi”, 20,1%).

Come si situano in questo quadro le famiglie adottive? Esse manifestano con maggiore probabilità quella modalità che abbiamo definito “tonalità chiara”, dimostrando così di essere in grado, meglio di altre, di affrontare proattivamente i cambiamenti legati alla pandemia. È probabile che le sfide legate al percorso adottivo siano in qualche modo servite come “training” per potenziare le proprie abilità.

Da un approfondimento condotto su una porzione di questo ampio campione, selezionando solo le madri con figli sia biologici che adottivi di età compresa tra 6 e 25 anni (Ferrari et al., submitted), sono emersi risultati che vanno nella medesima direzione.

Da questi risultati è emerso che le madri adottive appaiono meno vulnerabili alle conseguenze della pandemia rispetto alle madri con figli biologici, in quanto mostrano di possedere più risorse a livello individuale, di coppia e sociale: infatti le madri adottive manifestano livelli superiori di senso di coerenza (ovvero la capacità di percepire gli eventi stressanti come gestibili e controllabili), e si sentono maggiormente supportate sia da parte del partner sia dalla propria rete amicale. Il quadro non è però del tutto roseo: esse, nel confronto con le madri con figli biologici, evidenziano livelli inferiori di soddisfazione nella relazione con il proprio figlio, probabilmente in conseguenza della maggiore fragilità che spesso manifestano i figli adottivi. 

In conclusione, le famiglie adottive sembrano possedere molte risorse sul piano individuale, relazionale e sociale per far fronte alle sfide poste dalla pandemia, in misura addirittura superiore rispetto alle famiglie con figli biologici. È anche vero che esse affrontano sfide aggiuntive legate al percorso dell’adozione, e che quindi necessitano di un sostegno specifico dalla rete sociale affinché possano mettere pienamente a frutto quelle numerose risorse ampiamente rilevate nelle ricerche appena presentate.

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