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Le molte dimensioni della povertà in Italia
In che senso la povertà relazionale ha a che fare con la povertà economica? È possibile provare a dare un valore o un disvalore alle relazioni e cercare di comprendere quanto le relazioni fragili siano spesso accompagnate anche da povertà di tipo materiale, ed economica in senso proprio. La misura della povertà delle famiglie è tradizionalmente misurata attraverso indicatori diretti: le entrate e indiretti i consumi. In questo modo si ha una mappa della povertà che riconsegna un quadro, in cui tradizionalmente si contrappone a un Nord ricco e un Sud decisamente più povero.
Nel saggio Le molte dimensioni della povertà in Italia: quanto importante è la povertà delle relazioni? di E. Dalla Chiara e F. Perali (nel volume Famiglia e povertà relazionale. Multidimensionalità del fenomeno e buone pratiche innovative, a cura di D. Bramanti e D. Carrà, Vita e Pensiero, Milano 2021, pp. 21-43) il lavoro che i ricercatori propongono è quello di estendere, anche al caso italiano, dimensioni non monetarie con l’intento di ampliare la comprensione delle molteplici componenti che contribuiscono a generare una situazione di benessere, e che in generale non sono rese disponibili attraverso i mercati, ponendo enfasi particolare sulla rilevanza della produzione di beni domestici e relazionali prodotti in famiglia.
L’Indice di Povertà Multidimensionale (IPM) adottato dai ricercatori si basa su due sottoinsiemi di dimensioni: l’uno più prettamente socioeconomico con 6 diverse dimensioni, l’altro più relazionale che contempla 4 diverse dimensioni, tutte pesate in modo eguale. Per quanto riguarda le dimensioni socioeconomiche, sono indicati: la povertà di reddito (reddito disponibile equivalente in termini reali corretti per differenze nella qualità dei servizi); la povertà di ricchezza (patrimonio mobiliare ed immobiliare della famiglia); la povertà di tempo (tempo dedicato alla cura dei figli e della casa); la povertà di genitori (numero di genitori presenti in famiglia); la povertà di istruzione (livello di istruzione del capofamiglia); la povertà di lavoro (presenza di disoccupati in famiglia). Per quanto riguarda le dimensioni relazionali, si fa riferimento a: la povertà di capitale sociale – bonding (fiducia nei familiari); la povertà di capitale sociale – bridging (fiducia negli amici); la povertà di relazione intesa come soddisfazione nella relazione con i figli; la povertà di relazione intesa come soddisfazione del tempo condiviso in famiglia.
Lo studio mostra che la capacità di produrre beni di cura in famiglia è un fattore che contribuisce in modo determinante a ridurre il livello di povertà sia per le famiglie di anziani sia per le famiglie con figli e ad avvicinare il gap di povertà tra Nord e Sud Italia. Nella stima della povertà multidimensionale sia a 6 sia a 10 dimensioni, la misura del tempo dedicato alla cura dei figli contribuisce alla povertà, quanto il reddito. È un fattore di rischio soprattutto nel Nord Italia. Fra le dimensioni di benessere relazionale, la scarsa fiducia negli amici e la mancata soddisfazione del tempo trascorso con i familiari, contribuiscono alla povertà in modo significativamente più rilevante, rispetto al reddito.
Queste evidenze sono sufficienti per dimostrare il ruolo della famiglia-impresa come fattore di prevenzione, gestione e cura del rischio di povertà, soprattutto in occasione di emergenze sanitarie, economiche o ambientali, e la rilevanza delle dimensioni relazionali per migliorare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione pubblica di contrasto alla povertà e l’accuratezza del targeting degli aiuti alle famiglie fragili. Ne segue che sarebbe molto importante, a parere degli AA., che venissero introdotte nelle inchieste socioeconomiche ufficiali informazioni continuative sul benessere relazionale, anche alla luce dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia del COVID-19, che ha messo drammaticamente in evidenza la rilevanza sociale del benessere generato dalle buone e vicine relazioni.