Università Cattolica del Sacro Cuore

Giovani: immigrati attivi nel volontariato


Superare diversi ostacoli, sentirsi parte di una comunità, far sentire la propria voce, guadagnare benessere e integrazione sono solamente alcuni degli effetti positivi sulla vita dei giovani emigrati quando si impegnano in attività di volontariato e impegno sociale nell’associazionismo. Lo racconta un’originale ricerca nata da una domanda del Forum Nazionale Giovani e con esso condivisa dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia che ha coinvolto 690 giovani emigrati, sia impegnati in diverse organizzazioni (56,8%) che non (43,2%), con le seguenti caratteristiche: età compresa fra 17 e 36 anni; di seconda generazione o residenti in Italia da almeno 3 anni; con buona conoscenza della lingua; con la prospettiva di restare in Italia.

Lo strumento era un questionario self-report (somministrato in modalità sia cartacea che online) con numerose variabili socio-demografiche ed i costrutti oggetto della ricerca (benessere, attivismo, percezione del contesto, integrazione e senso di comunità).

In particolare è stato indagato come l’attivismo dei giovani immigrati faciliti il processo personale di integrazione socio-culturale; abbia a che fare con il sentirsi parte di una comunità e con la possibilità di essere protagonista e avere voce; aiuti i giovani immigrati a sentirsi parte della comunità ospitante senza perdere i legami con le proprie origini e promuova benessere.

L’articolato progetto di ricerca (gruppo di ricerca: Sara Alfieri, Elena Marta, Daniela Marzana), composto da molteplici fasi, ha seguito uno schema “a doppio binario”, attraverso il coinvolgimento di dirigenti e rappresentanti di alcune associazioni da un lato, con l’obiettivo di indagare la cultura organizzativa delle stesse, e dall’altro l’indagine di percezioni e vissuti di giovani immigrati, sia impegnati che non, per indagare se le associazioni con giovani volontari immigrati possano essere strumenti di integrazione, benessere e miglioramento della qualità di vita. Un’ipotesi confermata dal confronto tra i giovani immigrati impegnati e i coetanei non impegnati. I primi, infatti, hanno riportato livelli più elevati  per la maggior parte delle variabili considerate:

- benessere: nelle sue componenti di autostima e soddisfazione di vita è significativamente maggiore per gli attivisti rispetto ai coetanei non attivi socialmente;

- attivismo: il sottogruppo degli attivisti presenta una media più alta e statisticamente significativa per quanto riguarda le motivazioni all’impegno (dirette al bene comune, alla possibilità di fare nuove amicizie piuttosto che al riconoscimento del proprio valore). Le barriere all’impegno (lingua, salute, conoscenza delle realtà associative, timore di incomprensione) riportate dai giovani immigrati non attivisti sono invece significativamente maggiori rispetto ai coetanei attivisti. Rispetto alle norme sociali, il confronto tra i due gruppi presenta un’approvazione, un sostegno e un esempio diretto da parte dei genitori e degli amici significativamente maggiori nel caso del gruppo degli impegnati; infine, nelle famiglie dei giovani impegnati si parla molto di più di attualità e si ascolta la loro opinione in misura maggiore di quanto accade nelle famiglie dei coetanei non impegnati;

- variabili di conoscenza del contesto: le conoscenze relative al contesto italiano (cultura, leggi e lingua) sono decisamente superiori nei giovani attivisti, e la lingua italiana viene utilizzata in misura maggiore in tutti gli ambiti indagati (lavoro, famiglia e amici, vicini, istituzioni).

- variabili di integrazione: i giovani immigrati impegnati riportano medie più elevate in tutte le aree indagate (identità etnica, identità nazionale e percezione di integrazione). Infatti, non solo essi riferiscono direttamente di sentirsi più integrati dei coetanei non impegnati, ma si sentono contemporaneamente “più italiani” e “più immigrati” (probabilmente l’integrazione che deriva dall’impegno consente loro di non sminuire, celare o dimenticare la propria appartenenza etnica);

- senso di comunità: i risultati mostrano livelli di senso di comunità maggiori per i giovani impegnati, confermando che il senso di comunità da un lato è alla base della possibilità di impegnarsi socialmente, dall’altro cresce all’aumentare della partecipazione. Sono maggiori nei giovani impegnati i livelli dei fattori di appartenenza, soddisfazione, connessione emotiva e influenza, nonché del senso di comunità in generale (frutto della media di tutti i fattori);

- esperienza associativa: i giovani attivisti hanno riferito di appartenere per lo più ad associazioni italiane e a scopo sociale, ed hanno riportato un alto livello di efficacia della propria associazione di riferimento e di soddisfazione personale rispetto all’impegno assunto.

Le molte ricadute applicative di questa ricerca  riguardano le riflessioni che si possono attivare e le azioni che associazioni, istituzioni e politiche sociali possono intraprendere per favorire i processi di integrazione e benessere attraverso la promozione dell’attivismo e della cittadinanza attiva.

L’attivismo, nelle sue varie forme, favorisce negli immigrati una “cittadinanza attiva” e quindi la possibilità di essere costruttori di senso di comunità, integrazione e welfare per se stessi e per la società: è dunque fondamentale promuoverlo tra coloro che attualmente non si impegnano, e favorirne il mantenimento per chi ricopre già un ruolo in termini di attivismo.

È importante sottolineare che il link tra la motivazione e la scelta di impegno si realizza nel momento in cui il singolo percepisce il senso di efficacia della propria azione sociale e sente di avere una reale responsabilità ed una “voce” da esprimere (empowerment), un processo individuale ed organizzativo per mezzo del quale i giovani, a partire da situazioni di svantaggio reale o percepito, possono rafforzare la propria capacità di scelta e di autodeterminazione, sviluppando un sentimento legato alla percezione del proprio valore. Ma per sostenere questo processo, le associazioni dovrebbero monitorare la propria capacità di essere efficaci nelle azioni che propongono e promuovere attività di sensibilizzazione per intercettare famiglie e gruppi di giovani lontani dal mondo dell’impegno sociale.

Lo sviluppo dell’identità civica non avviene spontaneamente, ma passa da un impegno personale che necessita di occasioni per crescere e consolidarsi, occasioni in cui le associazioni possono giocare un ruolo centrale, supportando l’impegno e lo sviluppo di processi di integrazione e benessere; l’impegno oltretutto è libero, gratuito e spesso informale, ed è quindi uno strumento democratico alla portata di tutti, declinato secondo le proprie possibilità e abilità e scevro da vincoli istituzionali. Oltre a ciò, nella complessità e nella frammentazione della società odierna, in cui il legame fra Stato e cittadini è spesso faticoso e segnato dalla sfiducia, le associazioni si configurano come unità intermedie di promozione di capitale sociale, dal momento che hanno rapporti diretti con le persone, ne ascoltano la voce, ne raccolgono le domande e i bisogni, ed hanno allo stesso tempo la possibilità di dialogare con le istituzioni, portando le istanze dei propri membri e contribuendo a darvi risposta.

Anche nella partita dell’immigrazione le associazioni sono chiamate in causa, nel valorizzare l’impegno come elemento di cambiamento e di giustizia sociale e nel rimettere al centro gli attivisti, i giovani in particolare, come promotori di tale cambiamento capaci, con la propria azione, di produrre benessere individuale e sociale e di costruire una società pienamente multiculturale.