Università Cattolica del Sacro Cuore

Active Ageing: aiutare gli altri fa restare giovani


Tramite il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, a marzo 2016 è stata stipulata una convenzione tra la Universitat Internacional de Catalunya, l’Institut d’Estudis Superiors de la Família e l’Università Cattolica per la realizzazione congiunta di una ricerca su La solidarietà intergenerazionale in famiglia. Lo studio sarà condotto a livello nazionale nel contesto spagnolo e permetterà di evincere indicazioni per l’attuazione di politiche sociali family friendly che sostengano il lavoro di cura familiare e per individuare attività formative a vari livelli al fine di promuovere gli scambi tra le generazioni.

I risultati di questa ricerca saranno comparati con l’indagine svolta in Italia nel 2013-2014 (équipe di ricerca: G. Rossi, D. Bramanti, R. Cavallotti, F. Marcaletti) sugli scambi tra generazioni, uno sviluppo di riflessione sull’ampia ricerca di rilevanza di Ateneo realizzata in Università Cattolica tra il 2013 e il 2014 e intitolata  Non mi ritiro: l’allungamento della vita, una sfida per le generazioni, un’opportunità per la società (con la raccolta di informazioni su 900 anziani tra i 65 e i 74 anni) che ha approfondito la dimensione della solidarietà e si è inserito nel decennale filone di ricerca del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia sull’active ageing.

Dallo studio sono emersi elementi che imporrebbero di ripensare come venga concepito il benessere nelle fasi avanzate della vita, evitando di limitarsi agli aspetti fisici della salute e alla concretezza della situazione economica, per tenere conto di un costrutto complesso, multidimensionale e soprattutto relazionale e generazionale.

Sulla base delle precedenti evidenze, secondo cui la potenzialità attiva dell’anziano non debba essere misurata con i soli standard della produttività economica e lavorativa (Rossi et al, 2014) e il vero fattore intrinseco dell’active aging sia la relazione intergenerazionale (Scabini e Rossi, 2016), Giovanna Rossi e Donatella Bramanti hanno delineato tre profili di activity di cui i giovani anziani sono protagonisti: l’accudimento e la cura dei nipoti; la funzione di caregiver nei confronti di grandi anziani (over 75 anni); la partecipazione attiva ad azioni di volontariato in ambito associativo.

Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali si è osservato che i nonni rappresentano un sottogruppo prevalentemente presente al Sud, i care-giver nel Nord-Est e i volontari nel Nord-Ovest. Mentre la funzione di nonno è in prevalenza al femminile, per i caregiver e i volontari è stata evidenziata una leggera prevalenza di uomini, secondo una trasformazione in atto registrata anche a livello europeo. Ma quel che è di particolare interesse notare è la sottolineatura della correlazione positiva tra livello di impegno e percezione dell’anzianità. Gli anziani dei tre gruppi, cioè, si sentono meno vecchi dei coetanei, a ribadire che qualsiasi impegno aiuta a sentirsi ancora giovani. Inoltre emerge come significativo l’indice di gratuità, particolarmente elevato nel gruppo dei nonni, che sperimentano un forte senso di gratitudine nei confronti della vita e della presenza di figli e nipoti: “Per essi la famiglia appare la risorsa centrale nella propria esistenza di vita anziana in cui vivono da protagonisti”. Una risorsa che facilita la disponibilità all’impegno verso i più piccoli e verso gli altri in generale.

Nei tre gruppi è stato rilevato anche un buon livello di rete relazionale (sia per quanto attiene al tempo libero che al supporto), un dato superiore a quello dei coetanei generalmente intesi, che “rafforza il fatto che l’impegno per gli altri tende a configurare soggetti con buoni livelli di socievolezza”. Se poi si considera il posizionamento rispetto al capitale sociale, il gruppo dei nonni e quello dei volontari sono sopra la media, mentre questo non si osserva per i caregiver, che probabilmente si trovano già in una situazione di affaticamento e di sovraccarico causati dal prendersi cura di chi sta male o è molto anziano o ha problemi di disabilità, che rischia di togliere loro energie, di scoraggiarli e di diminuirne la fiducia nei confronti degli altri.

Sondato anche il tema delle paure che riguardano soprattutto il decadimento fisico, un timore che tuttavia tocca soprattutto il gruppo di coloro che si occupano a loro volta di grandi anziani, rispetto ai nonni, che si dimostrano anche meno preoccupati della solitudine. È come se i caregiver vedessero prefigurato lo scenario che li attende dalla vicinanza quotidiana con persone molto malate o molto anziane e comunque non autosufficienti.

I nonni, da parte loro, sottolineano l’importanza della famiglia e della relazione di coppia per vivere bene la vecchiaia; un'eventuale malattia viene da loro considerata quale aspetto che spinge a preoccuparsi di pesare sugli altri membri della famiglia. Non vorrebbero cioè sentirsi soggetti dipendenti e da aiutare. I volontari, invece, non inaspettatamente visto che sperimentano la generosità, risultano meno preoccupati per il futuro rispetto ai coetanei. Comunque per tutti e tre i profili la forte reticolarità e l’investimento sulle relazioni appaiono forieri di benessere e soddisfazione.